Blenio Café
La Quercia
alfiero
inserito il: 30.8.2007 16:28
Una "roccia" di albero che dura nel tempo, non si muove né si commuove, potrebbe simboleggiare la longevita, o la forza, nel nostro caso la forza dello spirito e del cuore, di chi prodiga le cure e chi ne fruisce. Si tratta, facile, anche del nome della provvida creazione (Casa anziani) che infonde nello stesso tempo istintiva tristezza per le sofferenze che custodisce ed il pensiero di doverne magari noi stessi un giorno usufruire, e però anche vitale sicurezza sapendola disponibile.

Penso meriti bene una conversazione.

Di Lei si potrebbe dire tanto: dai ricordi di chi la ebbe come teatro dell'ultima età di qualche loro congiunto, all'aspetto sociale, ai cambiamenti che qualcuno potrebbe auspicare, ai problemi degli anziani che vi abitano, alla difficoltà che si sente dire di trovare posti disponibili, ai costi e alla loro ripartizione fra Stato e utente, alla disponibilità di personale formato, alla fattibilità di eventuali ampliamenti, che faciliterebbero il compito di trovare i posti e nello stesso tempo creerebbero posti lavoro, o semplicemente delle impressioni avute durante la visita a conoscenti o parenti, o da come i degenti vedono questa loro condizione, ad altro ancora...

Salve a tutti !


carla
inserito il: 1.3.2009 23:30
Oggi sono stata al pranzo organizzato per i congiunti degli ospiti della Quercia e devo veramente complimentarmi con tutto il personale per l'accoglienza. Ultimamente vado spesso in visita alla casa: l'ambiente che si respira è molto sereno ed accogliente, grazie anche alle persone che vi lavorano con impegno e soprattutto... con il cuore. I nostri anziani, oltre che di cure materiali, sono circondati di attenzione e di affetto. Questo è molto positivo.
alfiero
inserito il: 27.7.2009 15:58
E noi ci rallegriamo (vedi cronaca del 26.07.2009) per un progetto che va in porto e per l'entusiasmo e l'impegno di chi se ne occupa. grazie!
alfiero
inserito il: 21.11.2009 22:09
Interessante esposizione su “voce di Blenio” della storia della nascita dell’ospedale. Non sapevo che i promotori fossero due religiosi, lo sottolineo non per il suo aspetto religioso, a cui ognuno dà la rilevanza che vuole, invece perché, all’epoca, i religiosi erano fra le poche classi, o forse fra le poche persone che ebbero la fortuna di potersi istruire, e quindi la facoltà di poter trovare sostegni e coagulare un consenso, che poi, dalla comunità, veniva messo a profitto, per realizzare la soluzione pratica e pragmatica, forse l’unica possibile, se rapportata alle risorse disponibili, di problemi che erano problemi esistenziali.

Il consenso doveva essere anche un atto di volontà, la scarsità delle risorse imponeva la rinuncia, per un certo tempo, alla soluzione di altri problemi, importanti anch’essi. Si trovava quindi il consenso per sapere se la soluzione del problema, la si voleva realizzare o meno, se ci si voleva impegnare in tal senso. Spicca il senso di autonomia.

Anche oggi ci sono problemi importanti da risolvere, ma le soluzioni possibili sono tante, visto che le risorse sono abbondanti. Oggi il consenso serve, non più per sapere se la soluzione va realizzata o no, ma per accordarci su quale fra le tanti soluzioni possibili, vogliamo scegliere; per esempio per un bleniese bisognoso di dialisi non si parla più di sapere se ne ha diritto, se ci sono i mezzi tecnici per poterla eseguire, se la fattura potrà essere onorata, ma occorre il consenso per sapere se la dialisi deve essere fatta ad Acquarossa, a Bellinzona, o a Lugano.

Sarebbe bello se la storia dell’ospedale, che fa bella presenza sul nostro mensile, fosse il punto di partenza per trovare il consenso affinché l’ospedale possa sopravvivere alla riorganizzazione cantonale e continuare la sua attività: per le cure minori, per il pronto soccorso, per le convalescenze, per continuare ad essere un ospedale di famiglia, per ciò che chi dell’arte vi saprà aggiungere, ecc. e per lasciare alla nostra valle la vivacità necessaria per assomigliare al resto del Cantone.

Buona sera.
La Quercia

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